Il riconoscimento del valore educativo dell’immagine è cosa antica, basti pensare al ruolo che l’arte sacra ha avuto nella predicazione evangelica e nella catechesi (per l’istruzione dei non letterati, che imparavano dalle immagini come fossero libri; per imprimere più fermamente nella memoria i misteri e gli esempi dei santi, rappresentati quotidianamente dinanzi agli occhi; per ravvivare la pietà, che viene più efficacemente evocata da ciò che si vede che non da ciò che si sente).
Un ruolo che oggi, nella civiltà dell’immagine, esce rafforzato.
Un’immagine può esprimere molto più della stessa parola, dal momento che è oltremodo efficace il suo dinamismo di comunicazione e di trasmissione del messaggio. Lo sappiamo bene, dato che viviamo nel mezzo di una cultura globale nella quale dominano le immagini che formano e definiscono i nostri valori e la nostra identità (spot televisivi, cartelloni pubblicitari, Internet, blog, videogiochi sono tutti mezzi visivi che esprimono, riflettono, comunicano in forme sensoriali contenuti e valori culturali).
Gli istruttori esperti sanno bene che una buona dimostrazione è il mezzo più efficace per favorire l’apprendimento. La naturalezza di questo tipo di apprendimento non ha riscontro in nessun’altra forma di apprendimento: tutto avviene apparentemente con la massima facilità.
Oggi ogni persona che lavora ha i mezzi (anche un semplice telefonino) per immortalare il proprio lavoro sul campo e di fatto frequentemente lo fa, per documentare i problemi incontrati, le fasi di lavorazione e il risultato finale, per comunicare con i propri clienti, per tenere traccia nei propri archivi dei lavori svolti, etc.
Di qui l’idea della formazione per immagini, da costruire raccogliendo le foto scattate dai lavoratori sul luogo di lavoro.
Le foto diventano la documentazione su come si fa il lavoro e su come si risolvono i problemi, materiale di studio a disposizione di tutti i lavoratori. Nonchè patrimonio di know-how aziendale che dimostra la capacità operativa dell’impresa.
La formazione per immagini trova un naturale campo di applicazione (anche) nel training on the job. Le foto (prassi quotidiana dell’attività in campo) documentano l’attività svolta sul campo e allo stesso tempo possono essere utilizzate come materiali didattici del training on the job nello scambio tra il docente/tutor e il lavoratore.
Formare con le immagini permette di promuovere quei processi cognitivi che vengono attivati dalla stessa percezione: la capacità di riconoscimento della realtà, di coordinamento logico, di memorizzazione, di astrazione, di sintesi.
Ogni immagine proposta deve fare riferimento a schemi già detenuti dall’allievo, conoscere significa “riconoscere”: non si può imparare niente che almeno in parte non sia già nella nostra disponibilità, le rappresentazioni di ciò che osserviamo ci sono offerte soltanto se possiamo collegarle con un’azione o una situazione simile a quella che si trova già nella nostra memoria.
E’ dunque un tipo di formazione che ben si attaglia al training on the job in contesti noti, dove si può agevolmente collegare il nuovo al vecchio, quello che c’è da imparare a quello che già si conosce.
Per essere definita formazione per immagini non è però sufficiente che la foto rappresenti o descriva un’attività lavorativa. E’ invece necessario che instauri un rapporto formativo pratico fra la procedura operativa fotografata e chi, guardandola, scopre come va fatto il lavoro.
Il successo della formazione sarà agevolato dalla specificità della procedura operativa e dalla soluzione tecnica scoperta da chi la guarda.
Quindi la formazione per immagini è una raffinata forma di insegnamento che trasforma la soluzione operativa in immagine e ne consente la più ampia diffusione tra i lavoratori.